GIMONDI. UNA VITA A PEDALI

Di Paolo Aresi
regia di Alberto Salvi
con Matteo Bonanni
musica dal vivo Gino Zambelli


Descrizione

La seconda grande guerra è finita. I paesi, le città, un’intera nazione, dopo anni di patimenti, fame e violenza cerca di rialzare la testa. Di ricominciare. Ricostruire la propria esistenza, con pazienza e determinazione, perché, come dice mamma Angela, chi semina, prima o poi, raccoglie”. In questo contesto fatto di privazioni e sacrificio, un bambino cresce con un grande sogno: salire in sella ad una bicicletta e diventare un campione. Come Bartali. Anzi no, come Coppi. Perché tutti a Sedrina, piccolo paese della valle Brembana, amano Bartali, il campione dal cuore d’oro. Felice, invece, era per Coppi. Ma non lo può dire, sembrerebbe una bestemmia, verrebbe zittito subito, rischierebbe un castigo. E allora sta zitto. Sta zitto e pedala, sulla sua Ardita rossa, la sua prima bici. Ed è proprio su questa bicicletta che Felice si alza per improvvisare fughe con i suoi compagni di scorribande, affrontando impervie salite, emulando i grandi campioni di cui legge su La Gazzetta dello Sport, al bar del paese. E intanto sogna. Sogna di diventare un corridore ciclista, da grande. Sogna i tornanti che portano al passo del Pordoi, sogna se stesso in bicicletta, nel gruppo di testa, con una maglia biancoceleste. Così i giorni passano e Felice cresce, senza mai smettere di credere e lottare per il suo grande sogno. Fino a che, un giorno, arriva la tanto attesa prima corsa. Felice corre, ma cade. Si rialza e ricade. Ma non molla e arriva alla fine. Quel ragazzo arriva al traguardo quando lo striscione dell’arrivo è già stato smantellato. Arriva sfinito e ammaccato, dopo essere caduto due volte. E quando papà Mosè gli chiede come sei andato, lui risponde, abbassando gli occhi, sono arrivato.

Quel ragazzo, come tutto il nostro paese in quegli anni, si è rialzato ed è diventato un grande campione. Perché il suo nome è Felice Gimondi.

La vita a pedali. È questa l’immagine, bella e poetica, che Paolo Aresi mi passa nel suo romanzo. Lo leggo di un fiato, perché intuisco, pagina dopo pagina, che mi riguarda, mi appartiene. Pure io vengo dalla valle Brembana, ma non credo sia questione di luoghi. C’è dell’altro, molto altro. Ed è qualcosa di profondo, viscerale, qualcosa che dice di sguardi, di silenzi, di fatica, sudore, passione e rispetto. Un sapore preciso. Un abbraccio caloroso e delicato, fatto con attenzione, con cura. La storia di Felice Gimondi è una storia esemplare, metafora di un paese, l’Italia, che vuole ancora seminare, costruire, sognare. Un ragazzino che, zoccoli ai piedi, si avventura in gare improvvisate con gli amici lungo la val Brembana, in sella alla sua Ardita rossa, e poi cresce e diventa uomo, diventa un corridore professionista e poi un campione, fino all’ultima grande vittoria, la prima domenica di settembre del 1973, ai mondiali di ciclismo su strada di Barcellona. Una vittoria impossibile, insperata, inimmaginabile.

Gli ultimi dieci chilometri di quel campionato del mondo in una narrazione incalzante, impetuosa, viscerale, che scaraventa dentro al senso più profondo di questo sport, fatto di fatica e sacrificio. Fatto di vita. Splendida vita. Perché, come dice mamma Angela, dal bene nasce bene. 


Date dello spettacolo

28/03/2017 10:00 - Auditorio Piazza della Libertà